GIARDINO SONORO
Il Museo all’aperto di Pinuccio Sciola “Giardino Sonoro” è un orizzonte di pietre megalitiche pervaso dal profumo degli agrumi. Uno spazio artistico senza tempo, che mette d’accordo tutti i sensi, li amplifica, li contempla. Nel suo “incantato” Giardino le guide accompagnano i visitatori alla scoperta dei suoni diversi che riproducono materiali e lavorazioni differenti. Un modo di assaporare l’arte, uno spazio culturale, in cui con rispetto e creatività, si può persino partecipare e provare l’emozione di suonare l’elemento primo e scoprire il suono ancestrale rimasto rinchiuso all’interno della materia per millenni.
GIARDINO MEGALITICO
Creato negli anni Settanta, questo piccolo polmone verde è incastonato vicino al centro del paese. Presenta numerose sculture in pietra che si ispirano all’arte megalitica preistorica e nuragica della Sardegna. Pinuccio Sciola e i suoi compagni realizzarono dolmen, menhir, panchine e un piccolo teatro. Questo suggestivo spazio urbano destinato al relax ospita spesso eventi artistici e culturali.
MUSEO DEL CRUDO
Un’antica abitazione padronale del Seicento, costruita con i caratteristici mattoni di terra cruda (làdiri), è stata restaurata e adibita a centro culturale polivalente. La struttura, costituita da due distinti corpi separati da una corte di forma quasi quadrangolare, ospita periodicamente mostre ed eventi artistici e culturali.
CASA TOLA
La Villa del Barone Tola venne progettata a metà Ottocento dall’architetto Gaetano Cima, autore, tra l’altro, dell’Ospedale San Giovanni di Dio a Cagliari e della Chiesa di San Francesco a Oristano. L’edificio ha caratteristiche proprie dello stile Neoclassico ma denota anche l’influsso della tradizionale abitazione campidanese in mattoni crudi di fango e paglia (làdiri) con cortile centrale.
La Casa Tola, infatti, presenta una loggia articolata in chiari e ariosi archetti che richiamano la tipica struttura della lolla, il patio della casa campidanese. Il complesso comprende anche un antico frantoio del XVII secolo, appartenuto alla famiglia Cadello e attualmente ereditato dalla famiglia Serra. L'attività del frantoio è cessata nel 1956.
CHIESA PARROCCHIALE
La chiesa parrocchiale di San Sperate venne edificata nel XVII secolo sul luogo in cui nel 1616 vennero ritrovate le presunte reliquie del santo martire che dà il nome al paese. Secondo la tradizione più accreditata (atti proconsolari), Speratus era un martire di Scillum decapitato in Africa il 17 luglio del 180 d.C., le cui reliquie nel VI secolo sarebbero state portate nell’antica Civitas Valeria affinché non venissero profanate dai Vandali. Ovviamente, come sempre, il confine che separa il mito dalla tradizione storica è molto sottile ma, proprio per questo, carico di fascino, suggestione e mistero.
La chiesa è costituita da un’unica navata con due cappelle su ogni lato e un profondo presbiterio, e ripropone uno schema abbastanza diffuso in Sardegna già dal Cinquecento. Alla destra della navata si trovano la cappella dedicata a Santa Prisca, con volta a botte e medaglione della Santa sul paliotto di marmo, e quella intitolata alla Vergine del Rosario, con arco a sesto acuto e volta a crociera. Alla sinistra della navata si trovano la cappella del Sacro Cuore e quella del SS. Crocifisso, con arco a tutto sesto e volta a crociera con gemma al centro. Da segnalare la presenza di un antico fonte battesimale recante, nella parte centrale, un bassorilievo con San Giovanni Battista nell’atto di battezzare Gesù. La torre campanaria, in stile aragonese, possedeva una campana del XVIII secolo che venne poi fusa nel 1958.
CHIESA DI SAN GIOVANNI BATTISTA
Questa piccola chiesa, antica parrocchiale del paese, viene nominata già in un decreto del 1599 emanato dall’arcivescovo di Cagliari Alonso Laso Sedeño. La struttura dell’edificio è molto semplice, essendo costituita da un’aula a copertura lignea con un’unica cappella laterale sinistra separata da un arco.
L’aggraziata cappella presbiteriale presenta una volta stellare di evidente influsso gotico di matrice catalano-aragonese. I numerosi rimaneggiamenti si estrinsecano in una sintesi eclettica di elementi stilistici variegati che rimandano al Bizantino, al Romanico e al Gotico. Di particolare interesse sono alcuni capitelli scolpiti che raffigurano l’angelo, il bue, l’aquila e il leone, ossia i simboli dei quattro evangelisti (Matteo, Luca, Giovanni e Marco) evocati da San Giovanni nel Libro dell’Apocalisse. Il fascino di questo piccolo edificio di culto nasce proprio dalla sua sobrietà, dalla sua armonia minimale capace di favorire il raccoglimento spirituale dei fedeli.